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Cos'è l'arte?

 

"Cos'è l'arte?" potrebbe anche essere intesa come una domanda provocatoria. In fondo chiunque ha dell'arte un'idea abbastanza precisa: se anche non si fosse preoccupato di darsene una definizione personale, ne conoscerà tuttavia numerosi esempi, e sarà certo in grado, anche solo per via intuitiva, o per reazione viscerale, di opporsi a talune inclusioni a lui troppo estranee obiettando: "Dite quel che volete ma per me questa non è arte!".

Una buona parte delle discussioni sull'arte si limita a questo semplice cozzo di gusti, di culture, di "visioni del mondo", che spesso può dar luogo a sgradevoli escalation di delegittimazioni reciproche. La sterilità di tali scontri, in un momento storico nel quale l'arte potrebbe essere semplicemente definita "tutto ciò che una persona decide di chiamare come tale" fa sospettare la presenza di qualche autentico nodo di fondo, che d'altra parte non ne compromette una certa, seppur disomogenea, vitalità.

Forse, invece di affannarsi a sistematizzare emozioni complesse che rimangono in buona sostanza ineffabili, si potrebbe caratterizzare l'arte semplicemente attraverso la sua la sua capacità di evocare domande radicali, o comunque lontane dai consueti binari del pensiero strumentale.

In fondo qualsiasi oggetto, fenomeno od evento che mostri una particolare concentrazione di tale potenzialità può essere visto in una luce, diciamo così, "artistica", mentre d'altra parte numerosi oggetti espressamente progettati come artistici, ne possono anche risultare sconsolatamente privi.

Raschiando soltanto un poco la patina della "naturalizzazione", cioè di quel processo che ci fa apparire del tutto normali fenomeni che in una cultura estranea potrebbero apparire alquanto bizzarri, qualsiasi mostra d'arte può aprire la porta ad una messe di questioni, meritandosi in tal modo il proprio appellativo.

Ma se tali questioni possono anche venire trascurate dal pubblico, il quale può anche scegliere di esporsi a tali opere semplicemente "per vedere l'effetto che fa", esse possono invece diventare per l'artista, che ha bisogno di dar conto prima di tutto a se stesso del senso della sua attività, un vero rovello.

E particolarmente qui, ai confini dell'impero, ugualmente escluso dalla tradizione quanto dalla modernità, l'artista potrebbe sentirsi condannato a priori ad una sostanziale irrilevanza. Basta constatare i criteri adottati nella costruzione delle gerarchie locali: i "grandi" sono sempre coloro che hanno saputo staccarsi, andare nei grandi centri di elaborazione culturale, e dà lì ritornare a svecchiare l'aria di casa, spesso come arroganti luogotenenti della modernità.

Si tratta di una dinamica in sé anche ragionevole ma che, diventando un facile stereotipo, sembra dare la stura ad irriflessi scimmiottamenti di pose metropolitane, avvallati da un sistema dell'arte come moda che pare ostentare orgogliosamente la propria configurazione in vero e proprio sistema di potere.

Beninteso, non pare esserci nulla di realmente riprovevole in tale sistema: esso sembra organizzarsi spontaneamente per sfruttare alcune opportunità sociali, o mercantili, e procura in tal modo una serie di effetti che possono essere variamente interpretati. Non si potranno tuttavia negare alcuni aspetti evidenti: la mancanza di reali criteri "condivisi", o almeno "aperti" di critica e valutazione, il carattere di capricciosa arbitrarietà che da questo deriva, la formazione di consorterie, a volte specializzate nell'accaparramento delle risorse pubbliche destinate a tale segmento culturale.

Vi sono naturalmente moltissimi artisti (forse il problema è che ve ne sono troppi, da qui la necessità di solidi meccanismi di esclusione) e le loro opinioni al riguardo possono variare molto, soprattutto in rapporto alle posizioni da essi conquistate in tutte queste "piramidi", centrali o periferiche che siano.

Tuttavia un giudizio critico sulla situazione è quasi unanime, almeno in talune "masse" di esclusi che hanno trovato modo, con Internet, di collegarsi e confrontare le rispettive situazioni, cominciando poco a poco a sfrondare parte di quelle mitologie nelle quali si trovavano inconsapevolmente invischiati.

Ma se non vi è più la scusa che solo i grandi centri possono fornire i "fermenti" delle ricorrenti rivoluzioni artistiche, se tali fermenti, viaggiando sulla rete, possono trovare punti di aggregazione in luoghi non più esclusivamente geografici, allora anche la provincia può mettersi davvero al lavoro, scrollandosi di dosso i complessi di inferiorità e sapendo che, qui o là, sempre di uomini si tratta, di analoga complessità.

EC

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